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"ITALIA: ULTIMO ATTO" @ SCENA ITALICA (I)  by Il Levriero Staff 15/02/2010 at 22:15
Awesome review by Fraghnat @ SCENA ITALICA (I)





"Ci siamo, si riapre nuovamente la porta, gli IANVA ci parlano d’Italia, e per farlo si sono scelti un nome appropriato, perforativo, denso di significati.
’Nam tibi par nullum graecia numen habet’ sentenziava Ovidio (lo stesso nome di Augusto è significativo. Bisogna osservare che, secondo l’uso romano, il figlio adottivo molto spesso aggiungeva al proprio nome originario il suffisso -ianus; tale suffisso diveniva in seguito suggello e terminazione. Octavius era octavianus nella misura in cui concorreva a“delimitare” sia lo “spazio” sia i confini "ianus clusius" ).
Come tutti i buoni italiani si sono fatti carico del loro Anchise, caricandoselo sulle spalle e onorandolo; la stessa cosa non si può dire per quella restante moltitudine di individui che di Anchise si sono completamente dimenticati, coadiuvando l’inevitabile fine profetata proprio in quest’opera.
Novelli cantori di una rigenerata e rinvigorita musica popolare, gli IANVA ci accompagnano nello stadio terminale di quella nostra patria che fu madre e padre, che fu ordine primo civile e sociale, kosmos patria polis, antrophos, unità noetica delle quattro epifanie sopraelencate ed ordine personale-psichico, paradigma e realizzazione ultima dell’essere uomo nuovamente dignificato.
La presente opera è un viaggio lucido, tortuoso, inquieto, atto ad individuare le primarie cause della conclamata decadenza italiana … decadenza tanto più disorientante,quanto più incredibile.
Mercy (pro domo sua) è stato sempre persona molto sensibile nel cogliere quello stato comatoso ontologico più infimo (ora con i Malombra, ora con il Segno del Comando).
Sarà forse l’occhio del poeta,? La forza incisiva dei versi saturni ? Sarà che la mathesis universalis è di diritto, l’instauratio magna dei regitori del linguaggio poetico (Virgilio, Dante, Bindo di Cione, Petrarca, Carducci, D’Annunzio ) e non è un caso che i nuovi IANVA ci stupiscano ancora con il loro dolce stil novo variando e completando quanto musicalmente compiuto e partorito in “Disobbedisco!" - figlio veemente di una rabbia divenuta purtroppo compulsiva - la nuova opera risulta meno immediata della precedente, ma vive di una prospettiva musicale implicitamente assai più deflagrante una volta ben assimilata.
Non dobbiamo disperarci dunque, anzi! Questa volta "Italia: ultimo atto" non è nè un necrologio, nè l’ennesima variante dogmatica del pessimismo cosmico; brilla invece di una luce vivida profonda e cangiante, di una cura maniacale nell’inverarsi semplicemente e consapevolmente come meravigliosa musica popolare italiana, archetipo imperante di quel genio tutto nostro nel render estremamente musicabile qualsiasi goccia di luce, ed “Italia: ultimo atto” in questo, è un convivio, una cascata di fasci amorevolmente luminescenti scaturiti da un fragoroso temporale; come potervi spiegare altrimenti una jammata tra Tenco e De Andrè o tra Vandelli e Paolo Conte? La dimostrazione ultima è perentoriamente presente nella traccia d’apertura proprio in “Dov’eri tu quel giorno?”, grido lacerante ed affresco sonoro del sangue dei vinti, dove in realtà è forse vero che a perdere siamo stati tutti. Ascoltatevi “Luisa Ferida” in ottica IANVA, e le evoluzioni canore della D’Alterio (la dama si dimostra ulteriormente migliorata ed affinata tecnicamente in timbrica, metrica e stomaco, ergo - la potenza di Mina unita alla profondità interpretativa di Milva ed un qualcosa che mi ricorda il primo Pelù , quello ancora lontano dal pre-rincoglionimento dissolutorio dell’encefalo).
Non è semplice vivificare con talento, padronanza ,ritmo eleganza e scorrevolezza pezzi di tal pregevole fattura; iniziato il viaggio continuate a camminare, virate e passate a “Piazza dei cinquecento” , passeggiate su quel tappeto chitarristico cangiante di note sospirate vicine a quel Riccardo Prencipe nell’istante in cui diviene mentore di meoliana memoria, accompagnatele a sinuose fisarmoniche rivelatrici di note epico drammatiche, e virate poi le orecchie verso la morriconiana "Pasionaria"; l’epicità è travolgente ma anche dotata di un tocco estremamente gentile e avvolgente, epicità andante... diremmo con garbo... quasi a voler chiederci di riascoltarla nuovamente, traccia da coniugare con la splendida “Cemento armato” e la marziale “Bora”.
Potremmo citare l’enoteismo musicale contenuto in una delle perle del disco “Negli occhi d’un ribelle”, una poetica reminescenza esperita da una bellezza arcaica che toglie il respiro e libera l’animo; non si può che rimaner muti, rimuginando ornamenti e realtà percepibili nell’infinitezza di "saper di essere".

Che dire poi della "Galleria delle grazie" vendicativa,rarefatta, soffusa,oscura,recitata a due voci,nenia folkloristica da sibilante entroterra italico, sorta di Stille Volk maligni, pizzicati da un velenoso andamento circolare degno dei grandissimi Savatage con in mezzo Fabrizio De Andrè, una vera e propria apologia di arditismo artistico, tutto sempre e solo in chiave IANVA e relativa ipseità ,il testo è di una poesia lirica fulminante, iato apriore semantico, comunione e mediazione tra il ricordo machiavellico degli eventi e la futura vendetta degli dei.
Quì Mercy da il meglio di sè, erudito di costruzione delle liriche, sempre in bilico tra memorie storiche e dignitose celebrazioni, immagini traslate spontaneamente verso la sinestesia e il simbolismo scolpito da memorie vetuste.
Mercy, in ultima analisi, si pone come chanteur obliquo e nobile a un tempo, con un timbro vocale profondo e degnamente popolare, il sodalizio vocale con la D’Alterio è armonioso , riequilibrante, naturale.
Il tutto è coadiuvato dalle carezze contraccambiate di un’ orchestra al massimo della propria forma esecutiva.
... E se il miglior Paolo Conte si affaccia sulla struttura portante di "In compagnia dei lupi", il testo da par suo si incunea enfatizzando una tragicomica realtà italiota, che vi farà letteralmente srotolare dal divano dalle risate; verremmo traghettati in mezzo a giullari, saltimbanchi, bagasce, donnette, banchieri d’assalto, viveur, cravattai, trapezisti meneghini inflesciati da cavità nasali otturate e quanto di peggio siamo riusciti a defecare in tremila anni di storia.
A commiato dell’opera giungiamo dinnanzi all’ultima ideale accusa. "Italia: ultimo atto" è un’elaborazione di
quanto ascoltato sino ad ora, l’ultima sortita dei nostri è arrembante, ariosa, sfacciata, radicale, dinamica, amplesso di tutto ciò che per gli IANVA è qualitativamente rappresentativo.

“Italia: ultimo atto” riafferma una genesi di altissimi contenuti musicali e lirici, determinati dalla necessità naturale di dare delle risposte ad una situazione di cronica decadenza a cui immagino neanche il Vico e futura figliolanza avrebbero per decenza immaginato.

Il giro di boa del secondo cd riafferma il grande talento dei genovesi e li lancia verso attese artistiche ancor più affascinanti.

Ogni amante della buona musica dovrebbe far sua quest’opera; ogni buon italiano dovrebbe far sua quest’opera!
L’immenso Leopardi - seppur nel suo pessimismo cosmico - si lasciava andare anche a considerazioni che di pessimistico avevano ben poco: "Italia nessun pugna per te?"
Gli IANVA lo stanno facendo già da tempo.
Omaggiamoli."

(Fraghnat - Scena Italica (I) )


Our biggest thnx to Fraghnat and all Scena Italica Staff!

Stay tuned for next big news!!!!