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Blog details     14/05/2005  
 
 
  MAY 2005  
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VERITA’ NASCOSTE  by Mercy 14/05/2005 at 01:37
Che le strategie delle major (in questo caso la Universal) non abbiano alcun bisogno di ulteriore risonanza e che il passaparola internettaro dovrebbe privilegiare realtà più sommerse è un dato sul quale sono l’ultimo a muovere obiezioni. Tuttavia ritengo che, ovunque si accasino, certe “vibrazioni” meritino di essere ritrasmesse in quanto possono riuscire funzionali all’underground sotto una prospettiva che sarei tentato di definire quasi didattica. Certo più di tanti supporti incondizionati a disonesti progetti che fanno pessima musica, ma che risultano, sulla base di uno strano meccanismo, incriticabili grazie a una qualsivoglia “appartenenza” .
Da qualche mese è uscita questa doppia raccolta de Le Orme che, per chi non possedesse nulla di questo straordinario gruppo veneziano, ha il pregio di racchiudere una scaletta più che esaustiva. Poche palle: qui il musicista che inizia apprende cosa significhi scrivere grandi canzoni e troppe orecchie aduse a mille minimalismi à la page hanno modo di prendersi una salutare vacanza dove la sperimentazione riesce a farsi iper-melodica e dove il modernariato non passa attraverso il tagliando di garanzia rilasciato da maestrini cresciuti alla scuola del bon-ton sonoro. Strano destino quello de Le Orme, la cui esegesi è stata, per anni, appannaggio di prog-nostalgici che ne hanno ostinatamente tramandato la vena barocca a discapito della miracolosa capacità di Aldo Tagliapietra & Co. di licenziare singoli da classifica in cui una felicissima vena pop si coniugava a un’attitudine quasi artigiana al cesello di piccoli capolavori. La voce flautata del leader, dalle sfumature quasi chiesastiche, contribuisce a creare un’atmosfera di azzurra malinconia che, spesso, lascia intravedere risvolti plumbei, quasi i nostri fossero testimoni angelici e distanti di eventi e situazioni irriferibili. Si è sempre rimarcato sui luoghi comuni fiabeschi tipici di un culturame prog a misura di “convention del disco raro e da collezione” e si è sempre sorvolato su altri risvolti, a mio giudizio ben più intriganti. Vedasi, per esempio, l’evidente disagio anti-moderno che affiora da certe liriche, l’ancor più evidente fetish di Tagliapietra per una certa tipologia femminile che mal si accorda con la paccottiglia ideologica dell’epoca e, su tutto, l’abilità a suggerire una sorta di risvolto celato e inquietante anche dietro le liriche apparentemente più distese. Cose che non tutti possono permettersi, pure molti che, oggi, passano da Autori incoronati d’alloro. Questa raccolta ricopre una decade (1970-1980) di cui le canzoni risultano altrettante istantanee. E non in senso cronistico bensì umorale. Fotografie dell’“ésprit du temps”, scorci di un mood indefinito, ma collettivo. Paesaggi archetipici di un immaginario 70’s che non basta l’ennesimo revival per spiegarlo a chi non era ancora nato. Così, se da un lato il gruppo può permettersi di spingere disinvoltamente sul pedale sinfonico in accordo con suggestioni d’oltremanica di sicura derivazione E.L.P./Quatermass (“Collage”-“Felona”-“All’Infuori Del Tempo”...) dall’altro confeziona una serie impressionante di hit pop-psichedeliche di italianissima fattura che riascoltate oggi risultano capaci di aprire autentici varchi temporali. L’incipit della celebre “Cemento Armato” basta da solo a evocare immagini di periferie stravolte dall’“edilizia popolare”, lacerate dalle sirene delle fabbriche in crepuscoli senza fine. Giovani vestiti di jeans (marca Jesus o Pop 84) che si accalcano in bar-dopolavoro. Biliardini elettrici e volantini del consiglio di fabbrica. La sinistra “Aspettando L’Alba” dove un liberatorio incontro sessuale tra due giovanissimi durante una mareggiata di fine estate vibra di suggestioni arcane e ancestrali. Un retrogusto di “thriller” all’italiana nelle ben note “La Porta Chiusa”, nella popolaresca, inquietante “Gioco Di Bimba” (con tanto di serial killer religioso e alcune immagini poetiche che fanno scorrere i brividi lungo la schiena) e nell’indimenticabile “Morte Di Un Fiore”, dove affiora un altro dei topoi dell’epoca, quello del giallo a sfondo sessual-complottistico che caratterizzava pellicole quali “Morte Sospetta Di Una Minorenne”, “La Polizia Chiede Aiuto”, o “Che Cosa Avete Fatto A Solange?” Pezzi simili sono, senza mezzi termini, dei CAPOLAVORI. La vena pop assicura immediata comunicabilità, ma gli arrangiamenti mirati a suggerire inquietudine e il soave risvolto sinistro di molte liriche danno vita a un’atmosfera inimitabile. Chi oggi saprebbe fare altrettanto? Non mancano le mega-hit che finirono di filato ai primi posti delle classifiche e che, ancora oggi, chi ha quarant’anni non può non riascoltare senza riprecipitare indietro nel tempo. “Amico Di Ieri”, “Regina Al Troubadour”, “Se Io Lavoro”, “Canzone D’Amore” (tornata in classifica la scorsa estate grazie alla cover fattane dagli Aeroplani Italiani che ha evidenziato come anche un pezzo infallibile, in mani tanto ottusamente conformiste, può essere livellato al nulla vigente) erano fatati feticci pop, pieni di torbida innocenza. Quando poi il gruppo si produce in un contesto acustico si intuisce che Le Orme avrebbero anche potuto essere un superbo gruppo folk-oriented se solo lo avessero voluto.
Insomma, piuttosto che andare a spendere un occhio della testa nell’import giapponese di neo-lounge o nel vinile grey-area con la pocket in ghisa smaltata, vi consiglio di investire, per una volta, su chi i pezzi li sapeva fare davvero. Chissà che molti musici non vedano poi aprirsi mondi nuovi....